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Guerra nel Tigray

Guerra nel Tigray

TIGRAY, UNA ZONA CONTAMINATA DAL TERRORE.

Il Tigray, detto anche Tigré o Tigrai, è un territorio compreso all'interno Corno d'Africa, precisamente situato nella parte settentrionale dell'Etiopia.

Data la sua caratteristica nel possedere considerevoli ricchezze in termini di risorse minerarie e pietre preziose, è sede ospitante di gran parte delle estrazioni minerarie e produzioni industriali. In Tigray, inoltre sono presenti diverse fabbriche tessili ed agroindustriali che hanno portato il paese ad un benessere economico di un certo spessore; tutto ciò è facilitato, anche, dall'apertura ad investimenti stranieri. Una politica gestita dal Fronte Popolare di Liberazione (TPLF) -partito dell'etnia tigrina- e portata avanti dal Primo Ministro Aby Ahmed Ali, facente parte della coalizione del Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF). 

In generale, vediamo come -nel corso degli ultimi vent'anni- il Corno d'Africa abbia consolidato una particolare posizione strategica dettata sia dai fattori economici che dalle incessanti dinamiche conflittuali (soprattutto interne alla regione), divenendo un territorio fertile per diversi interessi geopolitici. In tal senso, gli investimenti e le infrastrutture sono divenuti le principali condotte di proiezione verso l'esterno utilizzate dagli stessi investitori allo scopo di penetrare il Corno d’Africa, ridisegnando, in alcuni casi, la mappa geo-economica dell’Africa orientale. Infatti, la robusta crescita economica dell’Etiopia ha reso la penisola protagonista di nuovi interessi contrapposti e con differenti obiettivi a lungo termine.

Oltre a questo aspetto, la zona è contraddistinta da un'ulteriore ricchezza: quella culturale, alimentata dalle maggiori religioni monoteiste presenti nel paese originarie del Mar Rosso (Cristianesimo, Islam e Giudaismo) e dalla molteplicità di etnie che si sono distribuite in tutto il territorio. Questi due fattori costituiranno un terreno fertile per lo scoppio di un conflitto cominciato due anni fa la cui fine -ancora oggi- si percepisce lontana e le cui conseguenze risuoneranno drasticamente per un tempo indefinito.

LE CAUSE MAGGIORI DEL CONFLITTO.

A livello economico, il parco industriale descritto in precedenza, attrasse molti investitori stranieri che, approfittando delle fresche condizioni economiche della zona, riuscirono a risparmiare il 10% sui costi di produzione dei prodotti (per lo più tessili). Dall'altra parte, l'Etiopia godeva di un'equilibrata gestione di scambio di benefici economici forniti dalle collaborazioni straniere, ovvero l'inserimento di strumentazioni tecnologiche all'interno del processo industriale di cui il paese non ne aveva ancora i mezzi e le competenze adeguate. Quindi, se per gli attori locali africani questo ingresso di capitali e nuove appetenze straniere ha permesso un incremento dei partner internazionali, dall'altra parte -per gli attori internazionali- questa azione garantisce un solido ed efficace asse di vantaggi comparati a livello economico e politico. Purtroppo, questo "armonico" baratto di ricchezze non durò molto e si concluse quando, le radicate tensioni ideologiche interne tra il TPLF ed il Primo Ministro Abiy Ahmed, giunsero a conflitti tali da provocare la distruzione delle fabbriche con una notevole perdita di capitale da parte degli investitori stranieri. Conseguentemente, gli stessi richiesero i risarcimenti dei danni provocati dai governi etiopi. Un altro aspetto che facilitò lo scaternarsi dell'incendio, riguardò le gravi tensioni sociali già presenti nel paese. L'Etiopia è una federazione composta da 9 Stati Membri, ognuno dei quali ha una propria Costituzione ed un governo dotato di potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Essi si trovano spesso in contrasto con il Governo Centrale, prima a capo del TPLF e poi, con Ahmed Aly eletto nel 2018. Quest'ultimo, cercò di applicare un piano politico basato sulla riappacificazione dei governi e quindi, l'eliminazione dei dissidi etnici interni; proposta però rifiutata dal Fronte Popolare di Liberazione che -attento nel detenere ben saldo il potere centrale- preferì conservare la propria autonomia nell'amministrazione politica. 

Le discordanze politiche-economiche e la ferma volontà di isolamento da parte del TPLF, sfociarono in un acerbo conflitto che vide in contrapposizione le truppe di Addis Abeba (attuale capitale etiope) e quelle del popolo tigrino.

IL MESE DELLO SCONTRO.

Il 3 novembre del 2020, il governo federale di Abiy Ahmed Ali dichiara guerra al popolo del Tigray. Si parte con un blocco delle telecomunicazioni a livello regionale, operazione inizialmente stimata come un intervento militare senza alcuna possibilità di coinvolgere i civili; per poi sfociare in una repressione sanguinosa a Makallé, capitale della regione tigrina. La situazione precipitò in modo violento, quando si aggiunse un ulteriore nemico esterno dal nord: l'Eritrea di Afwerki, dittatore totalitario e protagonista di violazioni dei diritti umani e crimini contro l'umanità. 

L'accaduto di Axum rappresenta l'esempio più crudo avvenuto alla fine del mese. Il 19 di novembre ebbe inizio l'insediamento delle truppe eritree nella città con un successivo massacro dei civili durato circa una decina di giorni. Saccheggi, stupri, esecuzioni arbitrarie, sparatorie in ogni angolo delle strade. Il peggio arrivò negli ultimi giorni dell'invasione, quando un piccolo gruppo di soldati del popolo si riunirono con bastoni, pietre e coltelli nel tentativo di ribellarsi. Ne conseguì un'immediata esecuzione ai danni dei ribelli.

TUTTO TACE MA SONO I NUMERI A PARLARE.

   

 Perdita di più di 52 mila persone.

 2 milioni costrette ad abbandonare le loro abitazioni.

 68 milioni rigugiati in Sudan di cui il 31% sono bambini (per lo più orfani).

 20 milioni dispersi, i restanti sopravvivono in condizioni indecenti.

Solo 5 mesi dopo lo scoppio della guerra, le grida di sofferenza del popolo tigrino raggiunsero l'Europa che -immediatamente- chiese al governo etiope un cessate il fuoco, il ritiro delle truppe eritree e per ultimo -ma non meno importante- un facile accesso umanitario per l'inizio di una risanamento dei servizi del paese. Non mancò la richiesta di assunzione di responsabilità per le atrocità commesse. Dopo 16 mesi, il paese acconsentì ad aprire le porte agli aiuti umanitari del Programma alimentare mondiale (Pam) con 500 tonnellate di cibo e distribuzioni alimentari urgenti per le comunità al limite della carestia.

Food_distribution_11.JPG

UN TEMPO REPRESSO NEL SANGUE DELLA GUERRA.

Lo scontro del Tigray ebbe una durata indefinita; nonostante le indagini sui crimini attuati, è stato difficile ottenere informazioni più dettagliate sul conflitto ed il conseguente impatto reale. Pensiamo solamente all'annuncio dello stato d'emergenza da parte del Primo Ministro, riguardo la presenza di milizie eritree sul territorio tigrino, reso ufficiale solo un anno dopo l'inizio dello scontro. Un tempo più che indefinito, programmato e dettato da determinate circostanze che -in quel momento- manovrarono il destino della guerra. E quello dei civili? Rinchiuso dentro una vetrina in allestimento, resa visibile al mondo solo quando le grida della gente e il rumore dei fucili, si faceva troppo assordante.

 

Di seguito troviamo diverse testimonianze di ciò che successe nel dicembre 2020; in particolare di una ragazza, Mona Lisa Abraha, 18 anni, traumatizzata dall'accaduto ed uscita dalla guerra con gravi conseguenze psicofisiche. I vari testimoni ci raccontano del giorno in cui i milatanti eritrei invasero violentemente il villaggio tigrino. https://www.instagram.com/tv/CL6b2EOHByn/?utm_source=ig_web_copy_link

 

VERSO UNA POSSIBILE SOLUZIONE.

Pochi giorni fa, precisamente il 2 di novembre 2022, un primo spiraglio di luce illuminò questa infinita e buia galleria di ostilità. Non si tratta di un'effettivo accordo di pace ma di una graduale (si spera in positivo) presa di coscienza della situazione, ormai divenuta insostenibile. Il governo etiope e le forze ribelli del popolo tigrino hanno stabilito di porre fine allo scontro, nonchè il conseguente disarmo regolare e sistematico, il ripristino dell'ordine pubblico e dei servizi pubblici. Ma ancora sembra tutto in sospeso, mentre la condizione disastrosa nella regione del Tigray, resta immobile.

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